La villa romana di Casignana.
Tra i comuni di Bovalino e Bianco, poco oltre il km 82 della SS 106 ionica, in contrada Palazzi, sono visibili dei resti di murature, a monte e a valle della strada; il toponimo, in Calabria e altrove, è frequentemente legato a ruderi di strutture antiche affioranti dal terreno: quasi sempre, come in questo caso, si tratta di ville romane. In antico su questa linea costiera doveva passare la strada di collegamento tra Locri e Reggio, tanto che alcuni studiosi hanno pensato anche di riferire la costruzione a una statio, ovvero: Stazione di posta.
Nel 1963 il passaggio di un acquedotto ha casualmente evidenziato le strutture della villa poi indagate con sistematicità a partire dal 1980, le indagini sono ancora in corso. Costruito alla fine del I d.C., l’impianto edilizio restò in funzione fino al 450 d.C. circa, quando iniziò l’attività progressiva di spoglio, che si concluse con il definitivo abbandono del sito nel VII d.C.
Fino ad oggi sono stati indagati oltre 1300 mq delle estese strutture di quella che fu probabilmente una grande villa romana, con il più vasto repertorio di mosaici noto in Calabria. Le strutture, già in luce, sono pertinenti agli impianti termali della pars urbana, il cui carattere privato si desume anche dalla particolare involuzione del percorso, il contrario di quanto accadeva nei bagni pubblici. Gli archeologi hanno finora individuato per l’edificio quattro grandi fasi costruttive: quella attualmente visibile è l’ultima del IV d.C., caratterizzata dal gusto per piante centrali con forme curvilinee; a questa vanno riferiti quasi tutti i mosaici policromi, tranne quello figurato con thiasos marino, più antico, del III d.C.. questo si compone di quattro figure femminili che cavalcano quattro animali mostruosi; un cavallo, un toro, una tigre e un leone, tutti e quattro con coda di pesce.
II polo della complessa planimetria sembra essere costituito da un grande ambiente ottagono riscaldato, con pavimento a mosaico a piccole tessere, provvisto di ipocausto e tubuli fittili nelle pareti, coperto in origine a volta, in cui si può riconoscere il calindarium.
Una serie di vasche e di mosaici, notevole quello con il frammento di un pavone, abbellisce e movimenta l’architettura; nel grande salone rettangolare e in due ambienti riscaldati si fa uso, per i pavimenti, dell’opus sectile, un’elegante e preziosa tecnica che utilizza lastre marmoree, in questo caso anche per la parte bassa delle pareti. A monte della villa sorge un grande ninfeo, con vasca absidata e relativo serbatoio d’acqua.